Pongo all’attenzione un paio di articoli freschi freschi, uno di Repubblica che trovate qui:http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2009-6/provvedimenti/provvedimenti.html(citato anche da http://disistruzioneferrara.wordpress.com), l’altro di un’agenzia di stampa, la DIRE, che ho beccato invece su:http://ricercatoriprecari.wordpress.com/2008/11/06/decreto-sui-concorsi-ultime-novita/.
Sostanzialmente dicono le stesse cose, quello sul blog dei ricercatori precari è solo un pò meno schematico ma più dettagliato in alcuni aspetti, inoltre illustra i punti del decreto legge sull’Università prima della riunione del Consiglio dei Ministri, mentre l’articolo di Repubblica riporta in maniera schematica quello che è stato approvato dal Consiglio. Non ho cercato altre fonti per pigrizia, credo ci saranno notizie più dettagliate da domani.
Il messaggio che sembra trasparire a un primo sguardo è che l’ondata di proteste non è rimasta ignorata, come leggiamo sull’articolo di Repubblica viene concesso un pò di respiro agli atenei; tuttavia a prendere una lente di ingrandimento si nota che non è tutto oro quello che luccica, faccio solo un esempio perchè mi è appena balzato agli occhi:
Le università spendaccione non potranno, per un anno dalla pubblicazione del decreto, adottare procedure “per il reclutamento di personale docente e ricercatore”. Né potranno godere, per il 2008-2009 dei fondi straordinari stanziati dal governo Prodi per il reclutamento dei ricercatori universitari. Chi ha i bilanci in regola, invece, potrà procedere, nel triennio 2009-2010, ad assumere, ma dovrà spendere per i nuovi reclutati il 50% di quanto stanziava per stipendiare i pensionati dell’anno precedente
Credo non abbia senso privare della possibilità di assumere ricercatori e/o docenti( con soldi stanziati dal governo precedente poi) le università “spendaccione”: da un lato queste università perdono una possibilità di rinnovamento e quindi di migliore funzionamento, dall’altro meno assunzioni vuol dire in soldoni più disoccupati tra ricercatori, docenti e personale vario. Ancora più fantasiosa mi sembra l’idea di far quadrare i conti spendendo, per ogni new entry assunta dalle università che avranno i bilanci in attivo, la metà di quello che si spendeva per il neopensionato. I soldi risparmiati in questo modo andranno impiegati nell’assunzione di giovani ricercatori:insomma, un bel paghi uno prendi due.
Vorrei chiudere riportando un comunicato stampa del 24 Ottobre fatto dall’ ADI, posto alla nostra attenzione da un docente di Medicina a cui abbiamo chiesto collaborazione anche per l’Assemblea del 10 Novembre che si terrà al Mammuth, che mi sembra una valida risposta a quanto proposto nel decreto oggi presentato al Consiglio dei Ministri
ADI: “L’abrogazione dei tagli è la precondizione al dialogo”
Anche l’ADI — Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani — è stata invitata tardivamente oggi dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca alla giornata dedicata al confronto con le associazioni degli studenti medi ed universitari, dottorandi, ricercatori e docenti Universitari. “La precondizione ad un dialogo vero è l’abrogazione degli articoli su Università e Ricerca contenuti nella legge 133/2008″ — commenta il segretario dell’associazione Giovanni Ricco — “Come associazione dei dottorandi e dottori di ricerca, da anni denunciamo i lati negativi del sistema universitario e ribadiamo la necessità di operare riforme sostanziali, inserite però in un progetto organico e di respiro decisamente più ampio rispetto al breve spazio di un paio di articoli inuna legge di natura finanziaria, che sicuramente non possono dare contodella complessità dell’università pubblica”. “Desideriamo sottolineare che, per quanto apprezzabile, l’apertura al confronto del ministro appare una risposta tardiva alle molteplici richieste di dialogo e confronto avanzate dalla quasi totalità delle componenti dell’università a partire da luglio scorso, quando la legge 133/2008 era ancora un decreto legislativo” — aggiunge Francesco Mauriello, presidente ADI e consigliere CUN e CNSU — “Non possiamo accettare la riduzione del turnover al 20%, perché colpisce un sistema vessato da parecchi anni di politiche di blocco delle assunzioni che hanno avuto come unico risultato l’aumento del numero di ricercatori precari, e perché arriva in un periodo in cui è previsto un elevato numero di pensionamenti che, non reintegrati, contribuiranno a portarele Università al collasso”. “Respingiamo la logica puramente contabile di questi tagli indiscriminati che non risolve, ma aggrava, i mali dell’Università Italiana e pensiamo invece che si debba investire in Università e Ricerca al pari dei paesi più avanzati” — conclude Giovanni Ricco — “La riorganizzazione delle risorse, per eliminare eventuali sprechi e avvicinare il sistema universitario italiano agli standard europei, non può che essere effettuata dopo una valutazione approfondita e sistematica dei risultati ottenuti dalle università attraverso un’agenzia di valutazione super partes”.
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